domenica 12 dicembre 2010

L'ANALISI: JUVECASERTA - VARESE

Foto F.Russo
Circa una settimana fa, dopo la prevedibile, ma decisamente onorevole sconfitta casalinga contro Berlino la Juve ed i suoi tifosi erano carichi e consapevoli di poter fare risultato al PalaRadi di Cremona per poter proseguire il proprio cammino verso quella risalita chiamata Final Eight: due parole che poterono uscire dalla bocca dei tifosi solo dopo quel colpo di reni da Samara a Berlino appunto, passando per Brindisi e Cantù, che diede alla compagine bianconera una posizione in classifica più tranquilla( a soli 4 punti dall'ottavo posto) e una qualificazione alle Last 16 di Eurocup già quasi ipotecata. Questo scenario, che fino a poco tempo fa faceva presupporre una veloce risalita, è durato ben poco, lo spazio di 80 minuti che hanno spazzato via tutto quanto fatto di buono fino a quel momento, facendo ripiombare l'ambiente in crisi.

L'inopinata sconfitta di Cremona ha riaperto ferite che sembravano essersi rimarginate quasi nella loro totalità, in primis quella della gestione del vantaggio e dei finali punto a punto. E invece, proprio come nelle prime uscite stagionali, Caserta è tornata nuovamente capace nell'impresa di dilapidare bottini mediamente cospicui e soprattutto l'inerzia di una partita che era tutta a suo favore: i padroni di casa nel terzo quarto apparivano imbambolati in attacco dove cercavano soluzioni estemporanee e mal costruite( generalmente tiri da fuori con bassa percentuale di realizzazione) e in difesa tutt'altro che solidi. In quel momento di confusione, la Juve non ha piazzato il colpo del ko, ma piuttosto ha sprecato molto e concesso altrettanto, al punto da far rientrare gli avversari in partita.
A 10' dalla fine, il match è in equilibrio, ma è proprio nell'ultimo quarto che si consuma il festival degli orrori da parte dei bianconeri. I freddi numeri lasciano spesso adito è differenti interpretazioni, ma in questo caso la chiave di lettura non può che essere univoca, suicidio tecnico e tattico: 9 punti, la metà dei quali segnati negli ultimi 2-3 minuti a partita abbondantemente conclusa, quasi metà quarto senza segnare, 1 di valutazione complessivo, 25% da 2, 14% da 3, 0/4 ai liberi. Un disastro degno di un blocco degli stipendi.

Dopo una partita del genere, giocata in maniera sufficiente per 25' e poi completamente abbandonata nei restanti 15', ci si aspettava una risposta forte in quel di Berlino, soprattutto in virtù dell'entusiasmo e dell'eccitazione che porta giocare in una cornice dei sogni quale l'O2 Arena della capitale tedesca. E invece ciò non è avvenuto, anzi, è stata palesata la reazione caratteriale inversa rispetto a quella che si prevedeva: atteggiamento molle, dimesso, poco combattivo, svogliato ed irritante agli occhi dei 70 casertani presenti anche in Germania. Insomma, altro giro, altra figuraccia, questa volta raccolta a Berlino dove la Juve è caduta a picco ed affondata senza nemmeno entrare mai in partita e toccando addirittura uno svantaggio di quasi 25 punti. Alla fine il risultato è stato fin troppo benevolo per i bianconeri rispetto a quanto offerto( 79-62 con un ben più eloquente 83-66 di valutazione), visto che l'Alba aveva archiviato la pratica già a 15' dalla fine, quando è iniziata la passerella dei rincalzi o addirittura delle terze linee della chilometrica panchina tedesca. Ma non è tutto: a fine partita i giocatori bianconeri hanno avuto la sfortuna di dover imboccare il tunnel per i propri spogliatoi proprio sotto il settore occupato dagli esasperati ma altrettanto stoici tifosi casertani presenti, i quali, frustrati dall'atteggiamento poco professionale mostrato dai loro "rappresentanti", hanno iniziato la contestazione a partita ancora in corso e l'hanno terminata a fine partita "suggerendo" di cacciare gli attributi ai giocatori, alcuni dei quali sono stati anche colpiti da degli schizzi d'acqua lanciati dal settore casertano che poi hanno scatenato la reazione dei giocatori stessi: Jones ed Ere che, sorpresi, chiedevano spiegazioni e Williams, l'ultimo arrivato, che mostra il dito medio come risposta alla contestazione. Della serie, al peggio non vi è mai fine.

Foto F. Russo
Il polverone sollevato da queste notizie è giunto sino a Caserta, al punto da costringere presidente( Gervasio), dirigenti( D'Angelo) e coach ad esporsi pubblicamente per tranquillizzare l'ambiente. Le dichiarazioni tuttavia, non hanno affatto sortito l'effetto desiderato, ma piuttosto sono servite ad irritare ancor di più una tifoseria che chiede solo chiarezza ed onestà intellettuale. Ci è davvero difficile infatti comprendere dichiarazioni che parlano di tranquillità, unità d'intenti, difficoltà risolvibili facilmente, problemi per lo più inesistenti od ingigantiti dalla piazza. In situazioni del genere, sarebbe opportuno da parte di tutti prendersi la propria dose di responsabilità, senza offuscare la realtà agendo da mistificatori, ma piuttosto evidenziando chiaramente quali sono i problemi societari e tecnici della squadra, sempre che esistano. Cosa che assolutamente non sta avvenendo, ma che tuttavia sta palesando l'inesperienza, inadeguatezza e soprattutto immaturità di una società rimasta ancora indietro rispetto alla serie in cui la squadra milita. Basta essere onesti senza buttare fumo negli occhi, in questo modo le reazioni dei tifosi saranno sicuramente diverse e meno rabbiose in caso di eventuali sconfitte, visto che, se si continua a ripetere che non ci sono problemi turandosi il naso e chiudendo gli occhi, è ovvio, anzi necessario, che ci si aspetti il massimo risultato possibile da una squadra, sulla carta, inferiore solo a Siena e Milano.
Sotto questa fitta coltre di nubi, di veleni e di interrogativi ci si appresta al difficile impegno casalingo contro Varese, la quale sta conducendo, invece, un campionato di tutt'altro profilo rispetto ai bianconeri: seconda in classifica, unica squadra ad aver battuto Siena e capace di espugnare campi come Treviso o Roma. La squadra allenata da coach Recalcati, assieme a Cremona, è probabilmente la grande sorpresa del campionato, in quanto occupa, al momento, la seconda piazza in compartecipazione con l'acerrima rivale Cantù e l'altra lombarda ed altrettanto rivale Milano. Varese erano anni che non giocava a questi livelli, l'ultima volta è stata quella dello scudetto più bello della storia biancorossa, quello della stella nel '99, dei Roosters di Pozzecco, De Pol, Galanda e Andrea Meneghin, forse, assieme al tricolore casertano del '91, proprio la favola più bella che il basket italiano e lo sport in generale abbiano mai potuto raccontare. Certo è, dunque, che se la Cimberio continuasse così, i paragoni con quella Varese diverrebbero obbligatori. Forse un pò azzardati, ma decisamente obbligatori.

Il roster varesino è ricco di talento, solido e discretamente lungo, in relazione all'obiettivo iniziale della compagine, ovvero la salvezza: in cabina di regia l'esordiente in serie A Phil Goss, ex dominatore dei parquet di Legadue con Scafati, che fa dell'atletismo e della potenza la sua dote principale unita ad una buona visione di gioco ed una discreta mano; nella posizione di "2" troviamo Jobey Thomas, veterano del nostro campionato che ha crivellato le retine italiane prima con Montegranaro e poi con Milano: tiratore sublime, capace di grandi prestazioni balistiche al tiro( soprattutto da 3), ma che storicamente è sempre stato soggetto ad infortuni e a discontinuità di rendimento, che quest'anno fino ad ora, ancora non si sono palesati; il ruolo di ala piccola è occupato da Kristjan Kangur, ala estone dotata di un gran tiro da 3 punti e già vista nell'ultima parte della scorsa stagione in maglia bolognese a cui ha garantito un ottimo apporto in termini di solidità e quantità; in ala grande forse il vero leader carismatico della squadra, Ron Slay: 4 atipico, talento debordante con cui ha incantato le platee prima di Montegranaro, Pesaro( lì un pò meno, a dir la verità) e Caserta, e poi proprio Varese l'anno scorso: lungo bidimensionale se ce n'è uno, tiratore eccellente sia fronte che spalle a canestro e soprattutto ottimo rimbalzista; come centro titolare troviamo un veterano assoluto a questi livelli: Diego Fajardo, lungo spagnolo di passaporto italiano grazie ad una lunghissima sequela di trascorsi nel nostro paese, culminata l'anno scorso con una buonissima annata a Bologna.
Ad alzarsi dalla panchina vi sono autentiche sicurezze come Teemu Ranniko, playmaker finlandese che già giocò in Italia tra Roseto e Pesaro, titolare nella propria nazionale, micidale nel tiro pesante e freddo nei momenti clou, Alex Righetti, ex Avellino e Bologna sponda Virtus, anch'egli tiratore eccellente, ma su cui ad inizio campionato vi erano moltissimi dubbi soprattutto sulla voglia di rimettersi in gioco e sulla tenuta fisica visto che veniva da oltre un anno di inattività, e Giacomo "Gek" Galanda, unico reduce dell'ultima Varese tricolore e soprattutto uno degli ultimi rimasti ancora in attività della spedizione olimpica ad Atene che portò addirittura l'argento nel 2004. A completare la panchina ci sono i due giovani prospetti Fabio Mian, guardia classe '92, e Riccardo Antonelli, ala grande dell'88 e varesino doc.

Le chiacchiere ora stanno a zero, l'importante adesso è vincere, magari anche senza convincere, ma l'importante è riuscire a strappare i due punti contro un'avversaria lanciatissima verso le zone alte della classifica. Sarà dura, ma finanche una squadra che lotta per la salvezza non può partire sconfitta giocando in casa contro Varese.
Detto ciò, difendiAmolA.

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