Particolare senza dubbio, oserei dire unica, almeno per il sottoscritto, essendo stata la prima( e sola, per il momento) “traversata” oltreconfine.
Partimmo il giorno prima della partita in due da Fiumicino col volo del primo pomeriggio alla volta della capitale spagnola arrivando a destinazione puntualmente un paio d’ore e mezza dopo. In quel momento il resto del gruppo con cui ci organizzammo stava partendo da Roma, quindi dovevamo trovare il modo per ammazzare il tempo: ecco, cominciare a capire dove si trovasse il nostro albergo poteva essere un buon inizio. La lingua non ci aiutava, men che meno la fortuna, giacchè tutte le persone cui chiedevamo informazioni si rivelavano essere turisti italiani. Decidemmo di metterci in proprio, e dopo un’oretta buona girovagando alla cieca, arrivammo sani e salvi a destinazione. Nel frattempo, anche il resto del gruppo era atterrato a Barajas, e comodamente in taxi ci raggiunse. Durante quella serata, tra un videopoker e una slotmachine( avendo avuto la pessima idea di andare al Casinò di Madrid conciati con tanto di felpe, jeans e sciarpette in mezzo a nobildonne in ghingheri e gentiluomini in smoking stile Daniel Craig in Casinò Royale), ricevevo in continuazione messaggi e comunicazione da parte di amici arrivati da poco o che sarebbero arrivati l’indomani assieme al resto delle loro comitive “bianconere”. Già da allora ebbi chiari sentori delle proporzioni del mini- esodo che ci sarebbe stato: sui giornali, nei giorni precedenti alla partenza si parlava di un drappello stile Mosca o Berlino, alla fine ne fummo oltre il doppio.
Nonostante tutte le possibili distrazioni o intrattenimenti vari che una metropoli come Madrid poteva offrire, la testa di tutti noi era già proiettata al momento della palla a due. L’attesa si faceva minuto dopo minuto sempre più grande, l’ansia cresceva, la curiosità “nell’affrontare” un palazzetto straniero era enorme. E finalmente il gran giorno arrivò, finalmente il sole si levò in quella mattinata del 15 febbraio.
Prima del match era d’obbligo un “saluto” alla storica Coppa delle Coppe del 1989, in bacheca allo stadio Santiago Bernabeu e scippataci in finale ad Atene dal Real Madrid di Drazen Petrovic, storica rivale cittadina dell’Estudiantes contro cui quel giorno avremmo dovuto giocare. Personalmente la vidi già una prima volta quasi un anno prima in gita scolastica, e devo dire che l’emozione nel vedere tra tanti nomi storici della pallacanestro europea( Zalgiris Kaunas, Olimpia Milano, Cibona Zagabria, Paok Salonicco) anche quello della “nostra” Juve, beh, fu motivo di grande orgoglio( anche nei confronti di chi ci guardava quasi sorpreso nel farci la foto con indosso la sciarpetta bianconera vicini ad uno dei tanti trofei esposti in quella ricca bacheca, forse anche uno dei meno prestigiosi tra Coppe Campioni, scudetti e quant’altro, ma Dio solo sa per la nostra piccola realtà di provincia cosa significasse quella targhetta incisa sulla coppa affianco al nome di un gigante sportivo come il Real).
Prima del match era d’obbligo un “saluto” alla storica Coppa delle Coppe del 1989, in bacheca allo stadio Santiago Bernabeu e scippataci in finale ad Atene dal Real Madrid di Drazen Petrovic, storica rivale cittadina dell’Estudiantes contro cui quel giorno avremmo dovuto giocare. Personalmente la vidi già una prima volta quasi un anno prima in gita scolastica, e devo dire che l’emozione nel vedere tra tanti nomi storici della pallacanestro europea( Zalgiris Kaunas, Olimpia Milano, Cibona Zagabria, Paok Salonicco) anche quello della “nostra” Juve, beh, fu motivo di grande orgoglio( anche nei confronti di chi ci guardava quasi sorpreso nel farci la foto con indosso la sciarpetta bianconera vicini ad uno dei tanti trofei esposti in quella ricca bacheca, forse anche uno dei meno prestigiosi tra Coppe Campioni, scudetti e quant’altro, ma Dio solo sa per la nostra piccola realtà di provincia cosa significasse quella targhetta incisa sulla coppa affianco al nome di un gigante sportivo come il Real).
Finito il “tour” allo stadio, tornammo in centro per un panino veloce e poi di corsa al palazzetto. Ricordo che era localizzato piuttosto lontano dal centro città, tanto che dovemmo impiegarci oltre mezz’ora per raggiungerlo con la metropolitana. Lungo il percorso incontrammo altri piccoli gruppi di tifosi casertani, e alla fine raggiungemmo il palazzetto già in una ventina. Lì, dopo aver atteso al coperto l’apertura dei botteghini( pioveva a dirotto), si manifestarono altri gruppetti, e a due ore e mezza quasi dalla partita eravamo non meno di 35-40.
Il tempo scorreva rapido tra una chiacchiera e l’altra, e finalmente, al gran completo, potemmo entrare nel gigantesco Palacio de Vistalegre. Ovviamente ci posizionarono in piccionaia, ma la cosa che maggiormente mi sorprese fu che l’interno del palazzetto era dotato di scale mobili per raggiungere gli anelli più alti, una cosa mai vista dalle nostre latitudini.
Il palazzo andava riempiendosi molto lentamente, poi capimmo che era usanza entrare a meno di 10 minuti dall’inizio della partita, infatti in questo scorcio di tempo si raggiunsero all’incirca le 6000 unità. A pochi minuti prima dell’inizio del match mi girai e vidi, finalmente, il nostro settore al gran completo. Eravamo almeno 150, tante facce conosciute, altre meno ma poco importa, erano fratelli in terra straniera.
Inizia la partita, e sia in campo che sugli spalti sono i bianconeri a farla da padrone. Nel giro di poco la Juve riesce ad accumulare un vantaggio incoraggiante che si assesta sulla doppia cifra, e i decibel dal settore casertano si sprecano. Gli spagnoli apparivano storditi inizialmente, poi sul finire del tempo piazzano un break decisivo nel ricucire lo svantaggio. Si va all’intervallo quasi in parità, con una partita( ed un primato nel girone, ricordiamolo) ancora tutto da giocare. Alla ripresa Madrid appare decisamente più reattiva e convinta, infatti da quel momento in avanti la partita fu contraddistinta da piccoli strappi da parte degli spagnoli prontamente rintuzzati dai bianconeri, che però stentavano a piazzare la zampata per l’allungo decisivo. Che arriva a pochi minuti dal termine della partita, a favore degli “studenti” madrileni, purtroppo.
Nulla da fare, la Juve esce sconfitta dal Vistalegre e si trova confinata, un po’ anche ingiustamente e severamente, al secondo posto nel girone, che le avrebbe regalato ai quarti di finale la terribile sfida con l’Unics Kazan( poi vincitrice della competizione).
Nonostante la sconfitta, un applauso meritato andava tributato a questi ragazzi che, almeno in Europa, non hanno mai lesinato sforzi, e ci hanno fatto togliere parecchie soddisfazioni. Ad incorniciare una serata con l’unico neo della sconfitta, ci pensano i tifosi di casa, freddi inizialmente, ma poi rivelatosi piuttosto “calienti” nel resto del match: quel coro a fine partita “Caserta, Caserta, Caserta”, quell’omaggio disinteressato nei confronti di una tifoseria giunta in massa a sostenere la propria squadra del cuore, penso rimarrà impresso nella memoria di tutti i presenti. Per quanto mi riguarda, il coronamento di una trasferta indimenticabile.
Mi riconosco in quella sparuta foto...ricordo i simpatici spagnoli che volevano scambiare la sciarpa...seppur sconfitti fu una bellissima traversata!
RispondiElimina