![](https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgwb_PLjVTfHfLO7jn2-lahQTrnuPtgdc7vC0HhZGmr1pBUmdkpXOeqWjb1XkVyTFC4YqsQ6Ug3q0vGYj8DvVx7kACpaflmY8dks29YftrfzYoW4LbJVX2EkoUCvgvYCk4UwvNcRLTAjN0S/s1600/virtus_9748.jpg)
Brindisi amaro. Chiariamo: come avevamo accennato già in sede di presentazione della partita, l'Enel è e resta una squadra di altro livello e con altre ambizioni rispetto ai bianconeri. Per spiegare la debacle all'esordio tra le mura amiche c'è chi si è giustamente soffermato sull'intermittente prolificità offensiva, chi ha posto ancor più giustamente l'accento sull'inaccettabile mollezza difensiva che ha contraddistinto la retroguardia bianconera fin dai primi minuti, a noi invece quello che è maggiormente saltato all'occhio fin dal primo momento è stata l'abissale differenza in termini di atletismo e stazza tra ospiti e locali.
Lo dicemmo già settimana scorsa, Brindisi quest'anno, per ovviare al meglio al doppio impegno campionato-Eurochallenge, ha voluto darsi una dimensione continentale ottenuta innanzitutto tramite l'allungamento del roster e in secondo luogo tramite la scelta di giocatori che in campo aperto o anche in mezza transizione tendono ad essere difficilmente arrestabili. E di questo se ne sono accorti maggiormente (facendone le spese in maniera quasi imbarazzante) il duo Michelori-Howell, stuprato senza mezzi termini dai vari Mays, James e compagnia. E il dato a rimbalzo (32-37 a favore di Brindisi) è quello che meno esemplifica il concetto. Si guardi alle stoppate: 8, dicasi otto, stoppate subite dai bianconeri (di cui 3 beccate solo da un impalpabile Howell). Ciò significa che sotto canestro la battaglia è stata impari: semplicemente sotto le plance pugliesi non si giocava o quantomeno non c'erano tiri facili.
Questo discorso potrebbe aprire uno spiraglio "polemico" sulla scelta di puntare, in sede di mercato estivo, su due centri "bonsai", che in termini di atletismo e verticalità garantiscono meno di quanto ci si potrebbe attendere, soprattutto in determinati confronti, ma oggettivamente pare davvero troppo presto per azzardare qualsivoglia conclusione: la Juve è pur sempre una squadra imbottita di rookies che storicamente hanno bisogno di un fisiologico tempo di adattamento per carburare, è anche vero però che se in campo fin dalle prime battute di gioco manca energia ed "elettricità" (quella che permette di arrivare per primi sui palloni vaganti, di lottare sotto i cristalli senza paura e soprattutto quella che il pubblico, anche magari con la squadra sotto di punteggio, tende a percepire e ad apprezzare) e manca anche una difesa degna di questo nome tra taglia fuori mal eseguiti o non eseguiti, extra possessi e comodi lay up concessi a iosa, ovvero in una parola mancano garra e cazzimma, ebbene vincere diventa molto molto complicato contro chiunque.
Questo non è né il campionato filippino, né il campionato portoricano né la D-League, questo è il campionato italiano che, per quanto bistrattato, sputtanato e di basso livello possa essere, pretende, se si vuol sopravvivere, un atteggiamento e un linguaggio del corpo diametralmente opposto rispetto a quello che si è visto domenica scorsa. Il campionato è ancora lungo e c'è tempo, però è bene che questi concetti (che sono l'ABC per far bene alle nostre latitudini) vengano inculcati per bene nelle teste dei nuovi arrivati.
L'avversario: Virtus Bologna.
GADDY-A.RAY-FONTECCHIO-O.WHITE-A.GILCHRIST
IMBRO'-HAZELL-PORTANNESE-MAZZOLA-CUCCAROLO
All. Giorgio Valli
Iniziato il campionato in salita per via dei 2 punti di penalizzazione comminati alla società felsinea a seguito di verifiche Comtec e della sconfitta, prevedibile, all'esordio a Sassari, la Virtus è riuscita prontamente a riportarsi in pari grazie alla sofferta vittoria casalinga di domenica scorsa contro Capo d'Orlando (sugli scudi il giovane Fontecchio con 14 punti in 22'), diretta concorrente per la salvezza cui primariamente ambiscono le V nere.
Bologna quest'anno, dovendo fare i conti con un budget limitato, ha messo su una squadra ad immagine e somiglianza del proprio coach: operaia prima di tutto. Di talento non ce n'è moltissimo, la squadra oggettivamente è corta, le scommesse, basti vedere i rookies, sono tante e le ambizioni per forza di cose sulla carta si limitano al più classico dei campionati tranquilli.
Gran parte delle fortune bianconere passano tra le mani del duo di guardie scelte da coach Valli: Abdul Gaddy, playmaker classe '92, undrafted nel 2013 e reduce da un anno in D-League dove ha giocato, assieme al nostro Frank Gaines, nei Maine Red Claws, e Allan Ray, una delle più grandi promesse mancate (prevalentemente per cause fisiche), ad alti livelli si intende eh, che il nostro campionato ricordi da 10 anni a questa parte.
In assoluto il primo giocatore scelto da Valli è stato proprio Ray, suo pretoriano per eccellenza avendolo allenato a Ferrara. Su di lui c'è poco da dire: talento offensivo cristallino, giocatore che al top fisico e mentale farebbe bagnare anche i sassi, ma che al top, fisico e mentale appunto, non ci è quasi mai arrivato. Passato importante in NBA con la maglia dei Celtics, è arrivato in Italia nel 2007 alla Virtus Roma con enormi aspettative sulle spalle (erano gli anni della Virtus "spendacciona" che tentava in tutti i modi di porre fine, a suon di $, al dominio senese) che gioco forza ha tradito. Infatti dopo una stagione e mezza di alti e bassi viene tagliato dalla società capitolina. A questo punto decide di ripartire dal basso, da un ambiente meno caotico e metropolitano rispetto alla Caput Mundi e sicuramente più familiare e ovattato: Ferrara. E' il 2009 e probabilmente a quei tempi risalgono i suoi ultimi lampi di talento, che hanno contribuito a rendere esaltante la stagione da matricola in A degli estensi, arrivando ad un passo dai playoff. Da lì in poi è stato un lungo peregrinare per l'Europa, sempre falcidiato da infortuni, tra Slovenia (Krka Novo Mesto), Francia (Pau Orthez), Germania (Ulm) e Croazia (Cedevita Zagabria), prima di sbarcare quest'estate all'ombra delle Due Torri.
In assoluto il primo giocatore scelto da Valli è stato proprio Ray, suo pretoriano per eccellenza avendolo allenato a Ferrara. Su di lui c'è poco da dire: talento offensivo cristallino, giocatore che al top fisico e mentale farebbe bagnare anche i sassi, ma che al top, fisico e mentale appunto, non ci è quasi mai arrivato. Passato importante in NBA con la maglia dei Celtics, è arrivato in Italia nel 2007 alla Virtus Roma con enormi aspettative sulle spalle (erano gli anni della Virtus "spendacciona" che tentava in tutti i modi di porre fine, a suon di $, al dominio senese) che gioco forza ha tradito. Infatti dopo una stagione e mezza di alti e bassi viene tagliato dalla società capitolina. A questo punto decide di ripartire dal basso, da un ambiente meno caotico e metropolitano rispetto alla Caput Mundi e sicuramente più familiare e ovattato: Ferrara. E' il 2009 e probabilmente a quei tempi risalgono i suoi ultimi lampi di talento, che hanno contribuito a rendere esaltante la stagione da matricola in A degli estensi, arrivando ad un passo dai playoff. Da lì in poi è stato un lungo peregrinare per l'Europa, sempre falcidiato da infortuni, tra Slovenia (Krka Novo Mesto), Francia (Pau Orthez), Germania (Ulm) e Croazia (Cedevita Zagabria), prima di sbarcare quest'estate all'ombra delle Due Torri.
Valli, consapevole della sua fragilità fisica e soprattutto della sua poca abnegazione alla difesa, ha deciso di affiancargli un playmaker che fosse in grado, all'occorrenza, di tapparne le falle nella propria metà campo, nonché capace di innescarne il talento in fase offensiva: appunto, Abdul Gaddy, torello di 190cm e 87kg, buon difensore, ottimo passatore ma complessivamente poco avvezzo a guardare il canestro.
In ala troviamo uno dei due gioiellini italiani (assieme a Matteo Imbrò) della Virtus: Simone Fontecchio, classe '95, che nelle prime due uscite di campionato si è segnalato sicuramente come uno dei più positivi e propositivi dei suoi (13 punti, 4.5 rimbazi e 2 assist di media), e a 19 anni ancora da compiere è tanta roba.
Sotto il canestro il duo che farà a sportellate con Young e compagnia sarà composto da Okaro White e Augustus Gilchrist, anche loro esordienti nel campionato italiano, rispettivamente classe '92 e '89. Il primo, uscito da Florida State University ed eletto nel 2014 come membro dell'All-ACC Difensive Team, è un'ala grande descritto primariamente con un atleta verticale, saltatore, stoppatore e fisicamente di livello ma con solidi fondamentali ancora tutti da costruire (il tipico "diamante" grezzo). Sicuramente quindi una presenza importante sotto i propri tabelloni, che però anche si è dimostrato anche un'importante pedina a rimorchio, essendo capace di correre bene lungo il campo in contropiede. Il secondo invece è un centro uscito da South Florida nel 2012 e finito undrafted, che ha passato gli ultimi due anni in D-League indossando la canotta di Iowa Energy, dove ha messo su 8.2 punti e 4.7 rimbalzi di media in 46 partite.
Come accennavamo prima, la panchina non è particolarmente profonda e anch'essa è ricca di scommessa: in cabina di regia come cambio di Gaddy troviamo Matteo Imbrò, talento azzurro classe '94 e punto fisso della Nazionale U20 di coach Sacripanti. In guardia abbiamo il vero e proprio sesto uomo della squadra, il go to guy della second unit, quello che, in teoria, dovrebbe mantenere alta l'intensità e la pericolosità del secondo quintetto: Jeremy Hazell, classe '86, con un passato europeo tra Spagna (Alicante) e Lituania (Utena), dove ha trascorso l'ultima stagione. Finora, tra i coloured, è stato sicuramente quello più positivo e col maggior impatto: 14 punti e 3.5 rimbalzi di media in 27' abbondanti di utilizzo.
Chiude il roster un trio di italiani per lo più già ampiamente collaudati per il campionato italiano: Marco Portannese, reduce dalla esaltante promozione in A con l'Orlandina di coach Pozzecco (a cui ha contribuito pesantemente con una stagione a tutto tondo che gli è valsa il salto di categoria), Valerio Mazzola (altro fedelissimo di coach Valli), lungo classe '88 da anni stabilmente in massima serie, prima conquistata con Ferrara (dove, nel 2009, è stato compagno di squadra proprio di Allan Ray) e poi mantenuta con Montegranaro dove ha giocato fino alla scorsa stagione (culminata con la retrocessione e il fallimento della compagine marchigiana) e infine Gino Cuccarolo, centro classe '87 prodotto dal vivaio trevigiano che nelle ultime due stagione ha militato in Gold con la maglia di Brescia.
Pronostico. Se quella con Brindisi era una partita che, pur giocando tra le mura amiche del Palamaggiò, vedeva la Juve partire con un pronostico sfavorevole, non si può dire lo stesso del prossimo match. Sulla carta la Juve è più forte e, teoricamente, dovrebbe condurre un campionato di profilo superiore a quello virtussino. Il campo però è un'altra cosa, e per il momento Bologna i primi 2 punti della stagione li ha già conquistati, Caserta è ancora ferma al palo.
Partita aperta anche perché si gioca in trasferta, ma noi scommettiamo su un pronto riscatto della JC.
Bologna 45%-Caserta 55%
Nessun commento:
Posta un commento