domenica 9 novembre 2014

HOW TO DISMANTLE AN ATOMIC BOMB



(Scriviamo questo pezzo prima della gara. Prima di quel vortice di sensazioni che accadrà al fischio finale di oggi. Prima, insomma, che noi stessi diventeremo "Folla".)

25 anni fa, un uomo di buon senso, nel posto giusto al momento giusto, diede il via ad una delle svolte più epocali del secolo scorso. Si chiama Harald Jäger, Tenente, e di mestiere faceva la Guardia di Frontiera ad un posto di confine in Bornholmer Strasse, Berlino Est.

Un normale, ai limiti del banale, ufficiale della DDR, in pausa pranzo il 9 Novembre del 1989. Una serie di paradossali eventi, un funzionario del Politburo sotto stress e una platea di Giornalisti, metteranno Harald davanti alla possibilità di scegliere. E lui scelse la Fine della Germania dell'Est e smantellò quella bomba nucleare che poteva essere una cortina di ferro negli anni '90.


La storia raccontata oggi dal Post, in ricordo dei 25 anni dalla caduta del muro, è un altro racconto moderno per cui accenderemo l'ennesimo fuoco votivo all'altare dedicato a ilpost.it, ma ci ha regalato anche una riflessione, ben più faceta di "Der Mauer", sulla pantomima della JuveCaserta, messa sempre più all'angolo dal colpo Pesarese contro la Virtus.

Torniamo ad un'altra deviazione: venerdì ero davanti alla TV, su Fox Sports l'armata di Banchi veniva stuprata da Diamantidis e Batista, in un Pana – Armani davanti a 15.000 spettatori. Fa il suo ingresso in campo uno statunitense, Slaughter.
"Slaughter, Slaughter, dov'è che l'ho già sentito questa settimana?".
Atripaldi, domenica scorsa.
Bingo!
Tagliato da Biella, buon giocatore nel Panathinaikos. O in Piemonte le esigenze sono troppo alte rispetto ai pivelli del Pireo, oppure.
Oppure torniamo a Fox Sports. Batista dominante come pochi, un canestro di spalle, cadendo, piroettando, ah però. Dopo poco esce, applausi, ed entra un altro statunitense, Gist.
Già, sempre Atripaldi.

Due giocatori che giocano allo stesso livello, due ruoli diversi, of course, ma sostanzialmente due giocatori che in Euroleague ci stanno.
Uno però, tacciato da mezza Italia come scarparo d'ordinanza.

Atripaldi con quel parallelismo non intendeva, chiaramente, parlare di Gaines come giocatore che finirà a giocare l'Eurolega, però una cosa l'ha fatta scattare, in noi giovani e deviate menti intente a fare bamboline woodoo edizioni JC.

Quanto può pesare in un giocatore di talento la simpatia del compagno di squadra? E la spigolosità caratteriale del coach? E quello che scrive la stampa, che dice la gente?
Ma soprattutto, quanti fattori s'inseriscono nella metamorfosi da "ciò che posso diventare" a "ciò che sono diventato"?
Tanti, troppi.
In una caccia alle streghe che Salem è già enclave casertana, sul banco degli imputati salgono in tanti, anche perchè nella giuria giudicante, sassi alla mano e lapidazione in progress, restano solo posti in piedi.
E l'evoluzione è tanto repentina quanto facilmente collocabile nella linea del Tempo.
Alla palla a due di Caserta – Pistoia, Howell era ad una sconfitta dal taglio. Passano venti minuti e quei tagli diventano 2, poi ne resta uno solo, Gaines. Ancora un po' e la gente invoca Howell in campo, tra i migliori dei nostri eY* (eccetto Young, unità di misura di questa Juve).
Finisce la partita e Molin pecca di onestà, perchè di onestà si tratta, perchè "sometimes you can't make it on your own": niente, taglio immediato!

La storia c'insegna che se si lascia scegliere la Folla, la stessa sceglierà sempre Barabba.
E in questo marasma generale, l'unica cosa cui prestare orecchio non sono le richieste e le decisioni della gente, ma i fischi. Quell'unisona bordata che ha squarciato un velo di buonismo che stava logorando la Juve (sì, c'entra anche la Stampa).
"Si deve agire, e lo si deve fare in fretta, ma con raziocinio". Evidente ossimoro, ma inevitabile.
Soldi non ce ne sono, cambiare troppi giocatori non si può.
Molin non si tocca, il datore di lavoro si fida e non ha intenzione di bocciare un progetto.
Allora, tagliamo il pubblico: porte chiuse e fine contestazione. Assafà.

Oppure.
Torniamo all' "oppure" di poco fa, quello del Panathinaikos e di Slaughter.
A Biella quello che mancò, oltre la pazienza della folla, fu il giusto Contesto.
Contesto.
Bingo! (di nuovo, giornata in cui mi va particolarmente di culo).
Se c'è una cosa su cui si può agire è proprio il contorno: funzionale, propositivo, ma soprattutto, è gratis.
Coach Molin e Atripaldi sono di fronte ad una sfida tanto difficile quanto risolutiva: dai ai ragazzi un motivo per unirsi, dai ai giocatori un motivo per vincere, dai alla società un motivo per crederci, dai alla stampa tanti buoni motivi per criticare, ma soprattutto, dai un motivo alla gente per tornare ad applaudire.

Perchè quei fischi non sono per la gioia di criticare, ma sono per l'insostenibile leggerezza dell'impotenza: non possiamo spingere quella palla nel cesto, nè gettarci su un pallone vagante, e allora urliamo, affinchè ci sentiate.
Dateci un motivo per gioire insieme a voi, e si torna in alto. Garantito.

Ah, e dimenticavo. Il contesto che portò un ufficiale di frontiera ad unificare la Germania, fu generato da una Stampa attenta, onesta, ma aggressiva, focalizzata all'unico ottenimento del bene, non al compiacimento o alla messa all'indice. Per quello c'era già la folla.
E dio, se abbiamo bisogno di una Stampa così.


(Il titolo è quello di un album degli U2, "L' Album", almeno per chi vi scrive. Godetevelo ora, mentre aspettate la partita, che tanto le casse al Palamaggiò funzionano malino.)


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