martedì 25 novembre 2014

THRILLA BACK TO CAMILLA


Ci sono giocatori che inizi a idolatrare quando giocano per i tuoi colori e poi semplicemente non smetti più. Jumaine Jones, per chi vi scrive, è uno dei primi in questa categoria.

JJ fa parte di quel ristretto gruppo di giocatori (oggi quasi del tutto estinti nel campionato italiano) che emanano quasi un'aura di superiorità, che guardi giocare con la consapevolezza che, rispetto agli altri in campo, sono svariati gradini più in alto. 
È una cosa difficile da spiegare a parole.


Sei seduto a guardare la partita e il #33 in bianconero riceve palla. 
Non puoi fare a meno di pensare, anche solo per una frazione di secondo al suo background, alla sua intera carriera. Non puoi fare a meno di pensare che quell'ala di 203 cm ha avuto a che fare ogni singolo giorno, per otto anni, con i migliori giocatori del pianeta, giocando a basket al più alto livello immaginabile.

Jumaine mette palla a terra e parte in palleggio. 
Pensi che nel 2001 era in quintetto al fianco di Allen Iverson nelle Finals del 2001, contro i Lakers di Shaq&Kobe (a proposito, è colpa di quei due se ora sto qua a parlare di basket). Immagini tutte le volte che, cambiando sul blocco, si sia trovato a marcare Bryant, a quante volte sia capitato nei pressi del ferro quando Shaq affondava una delle sue bimani facendo tremare l'arena. 
Pensi che avere a che fare giorno dopo giorno con Iverson (uno dei giocatori più irripetibili della storia) proprio negli anni del suo prime deve essere stata un'esperienza incredibile.
È stato un onore giocare al fianco di quell'uomo per due anni. Ricordo il giorno in cui eravamo in Florida con la squadra e organizzai una festa di bentornato a Cocoa, la mia città natale. Parlai del party ad un solo compagno di squadra, e quando A.I. lo venne a sapere mi venne a chiedere come mai non lo avessi invitato. Gli dissi che non volevo disturbarlo dato che la festa si teneva abbastanza lontano da dove eravamo, a circa 45 minuti di auto, e che Cocoa era un luogo abbastanza malfamato ('a bit hood'). Mi rispose: "Hey non m'importa di quanto sia lontano! Vengo con te, e comunque il posto in cui mi porti non potrebbe mai essere brutto e pericoloso come quello in cui sono cresciuto io, andiamo!" Lo adoravo per questo.

Un paio di palleggi e 'Thrilla from Camilla' prende posizione in post basso. 
Ti viene in mente che dopo i 76ers ha giocato anche per i Lakers, e che dopo averlo avuto da avversario si è allenato ogni giorno insieme a Kobe, uno dei più grandi di sempre, letteralmente ossessionato dal gioco e da cui si può apprendere qualcosa ogni minuto passato insieme sul campo.

Kobe è uno dei migliori per quanto riguarda l'etica del lavoro, gioca in allenamento con la stessa concentrazione e determinazione che mette quando gioca le partite.


JJ è a qualche metro dal canestro, si stacca dal difensore e lascia partire il tiro in fade-away.
In NBA ha segnato anche 31 punti, proprio contro i Lakers, squadra che aveva lasciato l'anno prima per approdare ai Bobcats. Mentre la palla è in aria pensi che quello lì che ora gioca per la tua squadra ha marcato Michael Jordan, tenuto in post Kevin Garnett, fatto fallo a Shaq per mandarlo in lunetta (almeno lì qualche libero lo sbagliava).


E mentre pensi a tutto ciò, la palla entra, solo rete. Due punti.
Due punti che non sono come quelli di tutti gli altri in campo, perchè quando ha la palla in mano lui è diverso, lo senti.
Jones torna in difesa con fare indifferente, trasudando classe e talento da tutti i pori, come quando strappò la standing ovation al pubblico di Roma dopo aver messo delle triple da 8 metri con una facilità imbarazzante (30 punti, 16 rimbalzi, 50 di valutazione), come quando sbancò il Forum di Assago con una tripla ad 8'' dalla sirena, dopo aver tirato male per tutta la partita.


E nello stesso modo, con la stessa classe, lascia il basket per tornare definitivamente a casa, al caldo sole della sua Florida. 
Tanti highlights, tante esperienze, tante miglia percorse, tante persone entrate ed uscite dalla mia vita grazie a questo gioco. Come si suol dire, tutte le cose belle hanno una fine. Sono stato davvero fortunato a fare ciò che amavo durante i 15 anni di attività professionistica.
Nessuno avrebbe mai detto che, crescendo nella piccola città di Cocoa, in Florida, avrei ottenuto una borsa di studio per giocare a basket al college. 
Nessuno avrebbe mai detto che sarei stato scelto al primo giro del draft NBA e che avrei trascorso otto anni giocando al livello più alto dello sport che amavo.
Nessuno avrebbe mai detto che avrei avuto l'opportunità di giocare per una squadra che avrebbe lottato per il titolo NBA, mentre mi guardavano milioni di persone.
Nessuno avrebbe mai detto che avrei avuto l'onore di rappresentare il mio paese e portare a casa una medaglia d'oro.
Nessuno, essendo un bambino cresciuto nella città del cioccolato (Cocoa), avrebbe mai immaginato che avrei avuto l'opportunità di girare il mondo, di sperimentare diverse culture e realtà, di vedere cose che prima di allora avevo visto solo nei libri. 
Il mio primo amore è stato il basket e vorrei ringraziare tutti coloro che mi hanno sostenuto nel corso degli anni, e un ringraziamento speciale va  a coloro che mi odiavano, perché hanno giocato un ruolo importante nel mio successo.
, è ufficiale. Sto appendendo le scarpe al chiodo. 

Tanto amore
per il gioco.
È stato un onore, JJ.

Nessun commento:

Posta un commento